Bambino Aggressivo Che Fare


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Molti genitori raccontano agli psicologi di non capire i propri figli quando si comportano in maniera aggressiva, e di non sapere che cosa fare per aiutarli. "A volte si arrabbia così tanto, e non capisco perchè..." L’aggressività, secondo le più recenti teorie dello sviluppo, segue sempre un dispiacere eccessivo, ovvero sembra essere sempre una reazione a qualcosa. Cerchiamo di fare un pò di luce su questo complesso argomento.


Ma cosa è esattamente l'aggressività?
La definizione più convincente è quella che ci dice che l'aggressività è un modo che abbiamo per creare una situazione nella quale ci sentiamo capaci. Se pensiamo ad esempio ad un “bullo”, non sarà difficile capire a cosa si riferisca la definizione: sentirsi efficaci, ad ogni costo.

Perchè un bambino diventa aggressivo?

In circostanze normali nel bambino, come in tutti gli esseri umani, sono presenti due modalità che possono ricordare l'aggressività. A volte è difficile capire quale stia usando il bambino che abbiamo davanti. La prima è la modalità avversiva (la vera e propria aggressività); la seconda, e forse più importante, è la modalità assertiva (in poche parole la capacità di eliminare gli ostacoli che separano il bambino dal proprio obiettivo, e che può essere espressa in maniera simile all'aggressività). Se il genitore risponde al bambino in un modo che scatena frustrazione e rabbia, queste due modalità non saranno più separate ma si fonderanno in una modalità aggressiva. Se invece il bambino viene trattato in maniera sensibile, il sistema assertivo si svilupperà trovando un'organizzazione indipendente. Il bambino impara a far valere le proprie ragioni senza essere aggressivo. Essere assertivi significa essere in grado di far valere le proprie opinioni e i propri diritti pur rispettando quelli degli altri. Questa competenza relazionale si apprende, e l’apprendimento inizia dalla prima infanzia. Intorno ai due anni, in particolare, il bambino sembra quasi prediligere quelle situazioni/oggetti che presentano per lui difficoltà/ostacoli proprio perché il fatto di superare le difficoltà lo fa sentire più capace.

Un esempio pratico

Nella famiglie dove un genitore interpreta in maniera inesatta gli sforzi del bambino come un'espressione di sfida aggressiva, è probabile che questo genitore tenderà a ostacolare, controllare e forse punire. Ad esempio, un bambino che sta cercando di raggiungere il suo pupazzo preferito sarà assorto in un'espressione di tensione. Se il genitore confonde questo sforzo (positivo) con un'espressione di aggressività (negativa), tenderà quantomeno a sgridare i bambino. Ciò rappresenterà una grave minaccia per il bambino e ne mobiliterà le reazioni di autodifesa. Quindi sia il genitore che il bambino si percepiranno come minacciati e si creerà un circolo vizioso di aggressività e contro-aggressività che si autoalimenta.
Al contrario, in famiglie nelle quali i genitori riescono a distinguere
le intenzioni del bambino, e in ogni caso, limitano le attività del bambino rispettandone la sensibilità, i circoli aggressivi sopra osservati saranno molto meno pronunciati.

Dall’aggressività all’avversività

Ricapitolando, l’assertività è spontanea quando ci sono opportunità. L’aggressività è reattiva a stimoli percepiti come minacciosi o che inducono disagio. I comportamenti aggressivi non vengono ricercati dai bambini, diversamente da quanto avviene per altri comportamenti che producono emozioni positive, e che vengono costantemente ricercati (un abbraccio, una pietanza appetitosa, il contatto con il pupazzo preferito).

Cosa può fare un genitore?
La figura di accudimento deve intervenire, non solo protettivamente, ma anche in maniera "didattica". Ben presto, il bambino impara a utilizzare la forza derivante dall’aggressività anche negli "ostacoli" con gli adulti e i coetanei. Diventa quindi fondamentale per il bambino avere delle figure adulte che riescano a “leggere” i suoi stati emotivi e forniscano una risposta adeguata. In termini molto sintetici, egli apprenderà cosa può e cosa non può fare, cosa deve e cosa non deve fare e crescendo sarà in grado di prendere le decisioni da solo sul da farsi, di risolvere in maniera adeguata eventuali conflitti interpersonali, senza assumere atteggiamenti aggressivi.

Bibliografia:
Lichtenberg, J. (1989) Psicoanalisi e sistemi motivazionali, Raffaello Cortina editore, Milano (trad. it. 1995)



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